mercoledì 5 giugno 2013


Stampa libera? Un'illusione se i giornalisti sono sfruttati e minacciati



Riprendiamo dal sito di Ossigeno per l'informazione (www.ossigenoinformazione.it) questo articolo della giornalista Chiara Baldi, collaboratrice di Lsdi, con il quale ha vinto il Premio Walter Tobagi (sezione carta stampata) del Festival del giornalismo di Perugia.

Un esercito di venticinquemila precari che produce il sessanta percento delle notizie di un qualsiasi giornale, online o cartaceo che sia. Un esercito che se posasse la penna e spegnesse il pc, metterebbe in ginocchio l'intero sistema dell'Informazione. Nel resto del mondo questi “soldati” si chiamano freelance e sono sinonimo di notizie indipendenti, libere, alternative. Da noi sono semplicemente giornalisti precari, o più brutalmente: sfruttati, sottopagati, sotto ricatto. L'Italia della crisi, dei contratti atipici, degli stipendi infami, del «non arrivo a fine mese» e delle tutele inesistenti, passa anche (e soprattutto) da loro. E da loro passa anche la libertà di stampa in un Paese che nel 2013 si è attestato al 57° posto nella classifica mondiale di Reporters sans Frontières. Sì, perché non esiste stampa libera né diritto del cittadino ad essere informato in modo democratico se i giornalisti sono pagati quattro euro al pezzo o poco più. E che siano nette o lorde cambia poco: è pur sempre una miseria ignobile. La libertà di stampa inizia da qui, dal ricatto di un giornalista che lavora così tanto per un compenso così insulso: quale professionalità e quale indipendenza avrà mai, se per 50 euro al giorno deve produrre 15 notizie? E soprattutto, di che qualità saranno quelle notizie? Per anni, di tutto ciò non ne ha parlato nessuno. Ai giornali non conveniva per evidenti motivi e le associazioni di categoria (OdG e FNSI), per loro stessa ammissione, se ne sono accorte troppo tardi. Ma queste proteste qualcuno le doveva pur raccogliere, qualcuno doveva pur incanalare questa rabbia per farla sfociare in qualcosa di concreto, e allora tra la fine del 2009 e l'inizio del 2010 sono nati i primi Coordinamenti di giornalisti precari: quello della Campania e quello romano di Errori di Stampa. Questa realtà si è allargata a macchia d'olio, tanto che oggi esistono in tutta Italia. Perché lo sfruttamento del lavoro giornalistico avviene ovunque, in molteplici forme, e a volte è difficilissimo persino da individuare, oltre che da contrastare. Dobbiamo ringraziare loro, la caparbietà con cui hanno raccolto testimonianze e fatto proposte se oggi abbiamo la legge sull'equo compenso giornalistico e la Carta di Firenze che punisce i direttori che contribuiscono allo sfruttamento dei collaboratori. I Coordinamenti sono stati i primi ad alzare la voce contro lo sfruttamento dei colleghi, denunciando i ritmi disumani, i pochi euro ad articolo (alcuni, come Il Messaggero, addirittura, non danno neanche un euro per le notizie sotto le 800 battute), le telefonate a proprio carico, così come la mazzetta di giornali ed agenzie pagate di tasca propria. Non una scrivania in redazione, anzi, in redazione ci vadano il meno possibile, ché se arriva un'ispezione dell'Inpgi sono guai seri per tutti. I Coordinamenti hanno denunciato questa piaga sociale che ha ormai infettato l'intero sistema della stampa italiana, e di cui non c'è alcuna percezione nell'opinione pubblica. Il giornalista è, infatti, per molti, un professionista con uno stipendio solitamente sopra la media e che appartiene alla cosiddetta “casta”: esemplari le parole dell'ex Ministro del Lavoro Elsa Fornero, che parlò di «privilegiati». Eppure non sono solo i soldi a mancare. Chi fa questo lavoro sa cosa voglia dire scrivere per più editori senza un contratto che preveda delle tutele. Sa cosa voglia dire fare inchieste e reportage, scrivere la “notizia scomoda”, discutere affinché venga pubblicata e aspettare, inerme, la reazione che essa certamente provocherà. Dal 2006 ad oggi, racconta Ossigeno per l'Informazione, l'Osservatorio sui giornalisti minacciati in Italia promosso da Odg e Fnsi, sono stati 1329 i giornalisti che hanno subito minacce. Un numero esorbitante per una categoria che conta oltre 110mila iscritti di cui meno della metà “attivi”. Un numero che è cresciuto esponenzialmente di anno in anno, passando dai 200 dal 2006 al 2008 ai 324 del 2012. E neiprimi tre mesi del 2013, sono già stati 81 i cronisti che hanno subito minacce. La minaccia usata come arma di dissuasione dal pubblicare una notizia scomoda: «Non scriverla, potrebbe essere un problema», viene detto. Oggi c'è anche chi usa la propria pagina facebook per mandare avvertimenti, come è successo a Monica Raucci con il candidato di Mir per un servizio andato in onda su L'ultima Parola il 15 febbraio scorso. Ormai l'intimidazione è entrata a far parte di questo sistema malato, e il non avere alcun tipo di tutela di certo facilita le cose a chi vuole nascondere la realtà. Ma la condizione di precarietà, con stipendi bassi e senza tutele, aguzza l'ingegno anche di alcuni editori che non solo vogliono risparmiare sul lavoro del giornalista, ma vogliono guadagnarci in modo diretto quando scatta la diffamazione. È quello che è successo ad Amalia De Simone, giornalista precaria e freelance ex collaboratrice de Il Mattino. Una vicenda che ha dell'incredibile, e che sfocia, per De Simone, in una richiesta di risarcimento fatta dal suo giornale di oltre 48mila euro, cioè il 70% della cifra imposta dal Tribunale a Il Mattino spa per aver pubblicato una notizia falsa la cui rettifica, come spiega De Simone, è stata inadeguata nei tempi e nei modi, nonostante le pressioni stesse della cronista che oggi chiara: “questa vicenda rischia di diventare una seria ipoteca sulla mia vita”. Impossibile darle torto. C'è un problema di libertà di informazione in Italia. C'è un problema di dignità professionale, di tutele mancanti, di compensi adeguati. Qualcosa è stato fatto, certamente molto altro deve essere fatto. Perché ad essere colpiti non è soltanto chi questo lavoro lo fa e cerca di farlo nel migliore dei modi possibili, ma sono soprattutto i cittadini: loro sono e rimarrano sempre il punto di riferimento per una stampa libera che deve necessariamente passare attraverso condizioni di lavoro dignitose. Sotto ricatto non esiste libertà per nessuno.

Baldi Chiara




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mercoledì 30 gennaio 2013



Lettera aperta ai candidati e partiti in occasione delle elezioni

Il MediaClub Germania, l’associazione che raggruppa giornalisti appartenenti a testate italiane e tedesche, esprime preoccupazione per la scarsità dell'informazione e del confronto che stanno caratterizzando lo svolgimento della campagna elettorale tra la comunità italiana in Germania e nella Circoscrizione Estero in genere.
La prossima consultazione elettorale del 24 febbraio assume, in questo momento di crisi economica e identitaria europea, un significato particolare soprattutto per le comunità italiane sul vecchio continente
Le situazioni, le attese, i timori di queste comunità sensibili alle dinamiche e al destino dei rapporti all’interno dell’UE sembrano invece quasi totalmente assenti dal dibattito sui media italiani (ad eccezione di un paio di tavole rotonde su RAI1) e dai programmi della maggiorparte dei partiti.
Invece di rappresentare un passo avanti nei rapporto tra italiani all’estero e paese di origine, il diritto di voto all’estero sembra aver accelerato una politica di smobilitazione degli organi di rappresentanza e delle strutture informative, sociali e culturali a favore degli italiani all’estero.

Ai candidati della Ripartizione Europa e alle liste che si presentano il MediaClub Germania chiede di includere nei loro programmi:
- Creazione da parte del servizio pubblico radiotelevisivo di appositi programmi con rispettivi siti internet per gli italiani all'estero, che non solo tengano vivo il legame con la lingua e la cultura italiana ma che informino anche l’Italia sulla vita delle comunità italiane all’estero e l' interagire di esse nel paese di accoglienza. Programmi per gli italiani all’estero fatti, come nel passato, di riciclaggio di servizi e filmati presi qua e là da altre trasmissioni radiotelevisive sono obsoleti e alla luce delle attuali tecnologie di scarsa utilità.
-Il ricorso per la produzione di questi nuovi programmi a giornalisti qualificati, integrati tra le comunità italiane e che ne conoscano le problematiche.

-Il diritto, anche degli italiani all’estero, di accedere ai programmi radiotelelvisivi pubblici e sui loro siti internet, senza incomprensibili divieti che nuocciono tra l’altro alla diffusione della lingua e della cultura italiana.
-Riforma e attualizzazione dell’Albo dei media italiani all’estero che non corrisponde più alla situazione attuale.
- Nel futuro assetto del CGIE vengano tenute in considerazione le realtà di comunicazione in lingua italiana presenti nei vari paesi, creando una commissione ad hoc di giornalisti italiani che risiedono e operano all'estero e che faccia da tramite tra le comunità, l'organismo stesso e il Governo. Fino ad oggi, temi e decisioni prese e affrontate dal CGIE sono rimaste per la maggiorparte tabù.

Renzo Brizzi, Presidente MediaClub Germania

Colonia, 30 gennaio 2013



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lunedì 26 novembre 2012



Il MediaClub Germania si associa alla protesta indetta oggi dalla Federazione Nazionale della Stampa Italiana, dagli editori e dal mondo dell’informazione per chiedere al Senato italiano di non approvare, così come attualmente formulato, il disegno di legge sulla diffamazione.
La nostra associazione, che raggruppa giornalisti appartenenti a testate italiane e tedesche, parteciperà simbolicamente anche alla fiaccolata organizzata stasera in piazza del Pantheon a Roma condividendone i principi di difesa di un giornalismo che assicuri ai cittadini il diritto a conoscere fatti e verità, necessari alla formazione di una libera opinione.
Nel contempo riteniamo che il giornalismo debba anche essere responsabile e pronto a riconoscere lealmente errori che abbiano danneggiato persone e a ripararli.

Il MediaClub Germania ricorda inoltre che mercoledì 28 novembre, alle ore 19.00, darà da Colonia il suo contributo alla mobilitazione del giornalismo italiano con una manifestazione sotto forma di dibattito pubblico sul tema della libertà di stampa.
La serata sarà seguita in diretta da Radio Colonia, la trasmissione in lingua italiana del Funkhaus Europa, il programma internazionale del Westdeutscher Rundfunk (WDR).).
Trasmissione ed evento si potranno seguire per live stream sul sito:

http://www.funkhauseuropa.de/sendungen/radio_colonia/



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martedì 6 novembre 2012

Colonia, 05.11.2012

IL MediaClub Germania, l’Associazione che raggruppa giornalisti appartenenti a testate italiane e tedesche, esprime anche oggi, in concomitanza con la giornata “Stand up for Journalism”, la propria solidarietà con i colleghi della Federazione Nazionale della Stampa Italiana impegnati nel contrastare in Italia tentativi suscettibili di limitare la libertà di stampa.
I colleghi del MediaClub Germania si associano alla richiesta della FNSI e delle testate giornalistiche italiane che chiedono al Parlamento di cambiare rotta per quanto riguarda le normative previste dal DDL sulla diffamazione.
Dal canto suo il MediaClub, nel quadro della sua visione bi-nazionale ed europea, darà il suo contributo alle battaglie della FNSI organizzando in Germania incontri e confronti tra giornalisti italiani e tedeschi sui temi legati alla libertà di stampa.
La prima manifestazione sotto forma di dibattito pubblico avrà luogo a Colonia il 28 novembre alle ore 19.00 e sarà seguita in diretta da RadioColonia, la trasmissione in lingua italiana dal Funkhaus Europa, il programma internazionale del Westdeutscher Rundfunk.
Trasmissione ed evento si potranno seguire per live stream sul sito www.funkhauseuropa.de.


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venerdì 2 novembre 2012

Comunicato sul disegno di legge sulla diffamazione 

Il MediaClub Germania esprime profonda preoccupazione per i contenuti del disegno di legge sulla diffamazione sul quale il Senato italiano stenta a trovare un accordo.
Se dovesse essere approvato ricalcando il testo originale esso non mancherà di  avere conseguenze anche sulle testate italiane all’estero, in particolare su quelle che svolgono un importante ruolo critico e informativo nei paesi con alta presenza di connazionali.
Se da un lato il disegno di legge sulla diffamazione elimina la discutibile pena del carcere per i giornalisti, dall’altro estende delle pesanti sanzioni anche ai direttori e agli editori, sui quali grava la minaccia del taglio dei finanziamenti.
Questo disegno di legge, anche dopo alcune modifiche, rimane una spada di Damocle che colpisce indistintamente sia lo pseudo-giornalismo scandalistico e senza scrupoli che quello dell’inchiesta e della seria ricerca.
Hanno pochi esempi nelle democrazie occidentali, le misure punitive previste per le testate giornalistiche online, forma ormai diffusa anche tra la stampa italiana all’estero, e l’estensione di queste misure anche ad altri prodotti telematici.
Particolarmente inquietante è la norma che riguarda l’obbligo di pubblicazione della rettifica senza che la testata giornalistica abbia il diritto di fare a sua volta commenti.
Il MediaClub Germania condivide anche questa volta la protesta dei colleghi della Federazione Nazionale della Stampa Italiana contro questo nuovo tentativo pretestuoso di imbavagliare l’informazione e organizzerà nelle prossime settimane, a partire da Colonia,
incontri informative sullo stato della libertà dei media in Italia.
Ottobre 2012   Continua a leggere!

lunedì 20 febbraio 2012

Salviamo l'informazione in lingua italiana nel Saarland

No alla chiusura della trasmissione "Mezz'ora italiana" trasmessa dalla S.R.

Pubblichiamo la lettera inviata dal Presidente del MediaClub Renzo Brizzi al Console Generale  di Francoforte.

Egregio Console Generale Dr. Cottafavi,
in qualità di presidente del MediaClub Germania, un'associazione di giornalisti italiani e di origine italiana affiliata alla FNSI, mi permetto di chiederLe informazioni sulle ragioni della chiusura della trasmissione „Mezz'ora italiana“, trasmessa dall'SR.
La nostra associazione che annovera, accanto a rappresentanti di media italiani in Germania, numerosi redattori e collaboratori che operano nei media tedeschi per le trasmissioni per stranieri, trova questa decisione, da chiunque sia venuta, incomprensibile e dannosa per la comunità italiana.
Lei sa, esattamente come noi, quanto la comunità italiana abbia bisogno di una rete informativa che faccia circolare la comunicazione interna e che faciliti i rapporti tra di essa e le istituzioni sia italiane che tedesche. A tutt'oggi, tranne alcune eccezioni come Radio Colonia o periodici di ispirazione cattolica, nessun quotidiano e nessuna televisione, in Italia e Germania, nonostante il rapido sviluppo tecnologico, prevede spazi dedicati alla comunità italiana.
Questa insufficiente considerazione e questa faticosa circolazione di informazioni si ripercuote negativamente sull'autostima della nostra comunità ostacolandone il processo di integrazione.
Non vediamo nessun motivo, quindi, per la chiusura di „Mezz'ora italiana“ che esiste da 50 anni.
Riteniamo invece più che mai urgente e necessario riflettere su modelli del passato, non per sbarazzarsene, che è la decisione più facile e meno coraggiosa, ma per richiedere agli interlocutori tedeschi maggiori e più moderni spazi per la più grande comunità in Germania appartenente ad un paese dell'UE. ( Almeno finora ).

Sarei molto lieto di avere da Lei una gentile risposta.

La prego di gradire i miei più distinti saluti

Renzo Brizzi
Presidente del MediaClub Germania

 15 Novembre 2011
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La Rai può cambiare se si nominano vertici competenti e di valore

Lettera aperta alla ministra alle Pari opportunità Elsa Fornero

Cara Professoressa Elsa Fornero, due giorni fa GIULIA, la rete delle Giornaliste Unite Libere Autonome, più di 500 ormai in tutta Italia, Le aveva chiesto di non spegnere il televisore ma di aiutarci a cambiare la televisione.

Il Festival di Sanremo, una edizione da più parti criticata per gli scivoloni grossolani, si è chiuso con la vittoria di tre giovani e brave cantanti, con il primo premio a Emma che era stata con noi sul palco di Se Non Ora Quando l'11 dicembre a Roma, vincitrice con una canzone sui precari.

Un "Giano bifronte", questo Festival, che mentre fa vincere tre giovani donne, per cinque sere ha veicolato e riproposto con prepotenza un'immagine offensiva della donna che non sta più nella realtà da tempo: come puro ornamento, bell'oggetto da esibire e da mostrare o, ancora, argomento di barzellette e battute che davvero si sperava di non sentire più dopo la stagione politica appena conclusa. Il richiamo al rispetto della dignità delle donne che un anno fa ha riempito le piazze italiane con un milione di persone, dal palco dell'Ariston è stato come cancellato. Ci siamo liberate dalla centralità delle escort nel discorso pubblico per ritrovarci inchiodate all'immagine della Valletta muta, sempre più spogliata come, immobile da decenni, deve essere la donna nell'immaginario maschile . E intorno a lei sguardi lascivi e battutine maschiliste. Un copione in larga parte scritto da uomini. Un linguaggio maschile, fatto di quella "galanteria" non innocua (Morandi che di fronte alla terna del podio tutta femminile dice: "tre donne bellissime", e se fossero state brutte??) che ha odiosi riverberi sottoculturali in chi ascolta e vede.

Le donne italiane non riusciranno a guadagnare il ruolo che sappiamo necessario alla crescita nostra, dei giovani e del Paese, né a liberarsi della violenza maschile di cui sono scandalosamente vittime, se non cambierà il rapporto tra uomini e donne. E questo passa in larga misura attraverso l'informazione e la cultura pop che i mass media veicolano. Cambiare l'informazione, tutta, è uno degli scopi per i quali è nata GIULIA. Anche la Rai, che deve tornare ad essere "la più grande industria culturale del Paese". Questo Festival ne riflette la crisi: aziendale e culturale.

Se cambia la Rai, le ricadute potrebbero essere positive per l'intero sistema dei media. La Rai è una grande azienda pubblica e tale vogliamo che resti. E' un'azienda piena di risorse professionali straordinarie al suo interno, troppo spesso mortificate e accantonate. Ma perché torni ad essere un volano di crescita culturale per l'Italia, deve recuperare una missione: quella di costruire nel Paese una "maturità di genere" e una società duale in cui il valore della cultura torni ad essere quello che all'Italia spetta di diritto per la sua storia. Il Governo di cui Lei fa parte ha la grande occasione. C'è un'occasione per riformarla e per nominare nuovi vertici: una chance da non perdere, una sfida che potrà essere vinta se saranno chiamati ai vertici donne e uomini con coraggio e competenza che sappiano esprimere una visione di alto profilo per attuare quel cambiamento culturale non più rinviabile che chiedono le donne.

GiULiA - giornaliste unite libere autonome
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domenica 19 febbraio 2012

Chiusura di Rai International

APPELLO DI RAI INTERNAZIONALE AI TELESPETTATORI : CONTRO I TAGLI FATE SENTIRE LA VOSTRA VOCE

ROMA\ aise\ - "I tagli dei fondi destinati a Rai Internazionale comunicati dalla Presidenza del Consiglio determineranno la chiusura di molti dei programmi della nostra testata". Lo rende noto il Comitato di redazione di Rai Internazionale in un comunicato sindacale."Se non ci sarà un ripensamento - scrive il Cdr - probabilmente non saremo più in grado di offrirvi il programma "Italia chiama Italia". Chiediamo a tutti voi telespettatori di far sentire la vostra voce perché - conclude la nota - questa testata di Rai Internazionale possa continuare a svolgere la propria fondamentale missione di servizio pubblico e voi possiate continuare a fruirne quotidianamente". (Venerdì 25 Novembre 2011). Continua a leggere!